Che cos’è una Guarimba? Ufficialmente non una parola spagnola, almeno secondo la Real Academia. L’espressione sembra sia nata per strada, in Venezuela, forse influenzata dallo slang amerindio. Indicava, in giochi come nascondino e guardie e ladri, qul “luogo sicuro” nel quale non è possibile essere toccati o catturati. Oggi la parola definisce le barricate costruite sulle strade del Venezuela da chi protesta contro il governo. Una forma di dissidenza.
La Guarimba è anche un Festival di cortometraggi unico al mondo. Si tiene ad Amantea, in Provincia di Cosenza, all’interno di un vecchio cinema all’aperto, l’Arena Sicoli, destinato allo sfascio e salvato dagli organizzatori. Tutti giovanissimi; italiani, sudamericani e spagnoli: un collettivo il cui unico desiderio è quello di restituire luoghi ed emozioni alla gente.
“El cine al pueblo y el pueblo al cine”: leggiamo sul primo dei tanti cartelloni dell’edizione 2014, che si terrà ad agosto e le cui iscrizioni sono già aperte. Il poster fa parte di un progetto curato da Sara Fratini, che già l’anno scorso ha raccolto un successo enorme: invitare trenta di illustratori a regalare una loro versione della locandina del festival e del suo simbolo, la scimmia.
Apre le danze lo spagnolo Mikel Murillo, che ha disegnato una gigante scimmia robot, guidata da un primate in carne ed ossa, che illumina Amantea col fascio di un proiettore, collocato nella bocca. È un’opera ironica e sognante, un po’ Moebius e un po’ Miyazaki, che ben rappresenta lo spirito imprevedibile di questa manifestazione. Non vediamo l’ora di ammirare le altre 29 creazioni. Nel 2013 tra le firme c’erano quelle di talenti come il newyorkese Joe Ciardiello e il giapponese Tokyo Aoyama.
Una nota a margine per tutti coloro che si permettono di storcere il naso davanti a slogan e nomi “rivoluzionari”. Organizzare anche solo un cineforum, in Italia, comporta costi e burocrazie proibitive: sembra quasi che esista una volontà contraria alla diffusione dell’arte, in particolare musica e cinema. Sempre, naturalmente, che non ci siano di mezzo aziende capaci di muovere politici e grandi capitali.
Ecco che un gruppo di ragazzi al timone di un festival rappresenta più d’una rivoluzione: quasi un miracolo. Un tale coraggio, dovendo superare più ostacoli di quelli che uno stato civile può permettersi, non può che essere, in qualche modo, antagonista. Questo significa, almeno per chi vi scrive, restituire il cinema alla gente.