La Biennale di Architettura di Venezia è una manifestazione importante a livello mondiale ed esserne vincitore, come quest’anno è capitato al Padiglione Svizzera, è un grande prestigio, ma è anche una grande occasione di visibilità.
Il Padiglione svizzero all’interno dei Giardini di Venezia, è un padiglione permanente, realizzato nel 1952 dall’architetto Bruno Giacometti, fratello di Alberto, il famoso scultore, pittore e incisore svizzero. E per la 16a edizione della Biennale, la Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia ha presentato, per la prima volta attraverso un concorso pubblico, il progetto «Svizzera 240: House Tour» del team di architetti del Politecnico federale di Zurigo, composto da Alessandro Bosshard, Li Tavor, Matthew van der Ploeg e Ani Vihervaara.
L’installazione «Svizzera 240: House Tour» si propone come un labirintico ambiente domestico, completamente bianco e vuoto. Gli spazi sono composti da arredamenti dalle proporzioni e misure diverse, a volte esagerate: enormi o minuscole.
“Vogliamo mostrare ai visitatori un tour di una casa, che offre una sensibilità architettonica esagerata attraverso la quale ognuno osserva le peculiarità della propria casa dalla prospettiva di un estraneo. Con questo contributo ci auguriamo vivamente di aprire nuovi modi di riflettere sul ruolo che svolge l’involucro interno degli appartamenti nel plasmare la nostra vita e la nostra identità. Questo premio” sottolinea Philippe Bischof, direttore di Pro Helvetia “riconosce la grande precisione a livello tecnico e di contenuto della partecipazione svizzera, nonché la qualità dell’esperienza spaziale.”
Il senso del Padiglione è scaturire in noi stessi una riflessione che intende beffeggiare gli standard degli interni di una casa. La componente humour, più volte sottolineata dagli architetti progettisti, vuole mettere in evidenza le caratteristiche che si possono tracciare in ogni ambiente abitativo, nella speranza che il Padiglione diventi un punto di partenza alla sperimentazione e alla ricerca.
“Il contributo di quest’anno al Padiglione svizzero affronta uno degli interrogativi più importanti della nostra epoca: in quale relazione di norme e di valori si definisce lo spazio vitale dell’essere umano?”
Philippe Bischof
Questa è l’interpretazione elvetica a FREESPACE, il titolo della Biennale Architettura 2018, posta sotto la direzione artistica delle curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara del Grafton Studio di Dublino. 71 partecipanti esposti all’Arsenale e nel Padiglione Centrale con anche i seguenti studi di architettura svizzeri, le cui realizzazioni a Venezia sono sostenute da Pro Helvetia:
- Gion A. Caminada (Vrin-Cons)
- Miller & Maranta (Basilea)
- Angela Deuber Architect (Coira)
- Aurelio Galfetti (Lugano e Bellinzona)
- Bearth & Deplazes Architekten (Coira e Zurigo)
- Elisabeth & Martin Boesch architects (Zurigo)
- Mario Botta Architetti (Mendrisio)
- Michele Arnaboldi Architetti (Locarno)
- Riccardo Blumer (Casciago – Varese; Italia)
- Sergison Bates architects (Londra, Regno Unito; Zurigo)
- Valerio Olgiati (Flims)
- Atelier Peter Zumthor (Haldenstein)
- Burkhalter sumi architekten (Zurigo)