Che cos’hanno in comune un astronauta italiano dell’Agenzia Spaziale Europea, il più grande antropologo vivente e un attento osservatore dei cambiamenti delle dinamiche lavorative contemporanee? Il 27 febbraio all’Area 56 a Milano Paolo Nespoli, Marc Augé e Mariano Corso hanno condiviso il palco (e il divano) di “People and Spaces. A New Vision of the Workplace”, l’evento che ha fatto da cornice interpretativa allo svelamento della nuova collezione d’arredo di Faram 1957.
La tavola rotonda iniziale, moderata dalla giornalista Donatella Bollani, ha permesso all’azienda leader nella progettazione e produzione di sistemi per il vivere contemporaneo, l’ufficio, le aree pubbliche e l’accoglienza, di presentare la propria idea di luogo di lavoro come catalizzatore di creatività e dinamiche interpersonali, indagando al tempo stesso la relazione tra uomo, tecnologia e lavoro.
Una visione d’insieme, quella offerta da Nespoli, Augé e Corso, che ha toccato le soluzioni creative adottate dagli astronauti a bordo delle stazioni spaziali orbitali, lo stato dei “non-luoghi” per cui Augé è noto al grande pubblico, per arrivare al cuore del dibattito sullo smart working e alla necessità di rivedere i modelli organizzativi di pari passo al ripensamento dello spazio di lavoro stesso. Al centro del dibattito un’idea di ambienti condivisi che consentano di svolgere le attività quotidiane soddisfacendo l’esigenza di avere a disposizione spazi riconfigurabili in grado di rispondere a criteri di benessere e comfort, che siano integrati con la tecnologia ma senza perdere di vista le dimensioni tutte umane di comunicazione, concentrazione, collaborazione e creatività.
La proposta di Faram si chiama “Bahlara”, ed ha origini antiche. Il modello arcaico di riferimento che ne ha guidato l’ideazione è infatti quello del mercato come luogo di scambio economico, culturale e di idee, come sottolineato dall’architetto Egidio Panzera, Art Director che ha curato la collezione per lo storico brand. A partire dal nome, che richiama il quartiere abitato dalle maestranze arabe al servizio degli architetti normanni impegnati nella costruzione della cattedrale di Monreale, voluta dal re di Sicilia Guglielmo II d’Altavilla. Fedele nello spirito a quel disordine e caos apparente, in grado di diventare un’estetica razionale, Bahlara utilizza materiali tipici dell’edilizia e tessuti, drappi e tende per proporre un sistema d’arredo riconfigurabile più volte nel corso della giornata, rispondendo alle esigenze di immediatezza, versatilità e relazioni in flusso continuo.
La “discontinuità virtuosa” è il cardine progettuale di Bahlara, che si ispira al mercato siciliano di Ballarò per proporre linee spontanee e funzionali, in cui i piani di lavoro scorrono, scompaiono e si rimodulano con pochi tocchi dando vita a nuove postazioni fluide e adattabili in continuazione. Pannelli fonoassorbenti e divisori tessili assicurano privacy e concentrazione, mentre cupole telefoniche piroettanti permettono di gestire telefonate in open space. Meeting point, tavoli riunione, postazioni di coworking, angoli break e piani di lavoro responsive, alcove e tetti giardino: tutto è pensato per rispondere alle richieste di attività sempre più dinamiche, che si svolgono spesso in contesti informali e nomadi.
Nelle parole dell’Amministratore Delegato di Faram, Massimiliano Giacomelli: “Il tema vero è capire come riuscire a gestire la sincronia.” In uno stato di iper-connessione permanente, che genera complessità, relazioni dinamiche e discontinue, l’ufficio è diventato la nostra prima casa, un ambiente in cui trascorriamo la parte diurna della nostra vita. Ed è questa complessità a stimolare la necessità di trovare soluzioni in grado di generare benessere sul luogo di lavoro, per poi, chissà, estenderle agli altri ambiti della vita quotidiana.
Per esplorare la collezione: https://bahlara.faram.com